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“Strumenti di composizione sociale e sanzioni; tempestività, afflittività”


Questa relazione potrebbe finire subito: gli strumenti di composizione sociale esistenti in Italia non sono tempestivi e non sono afflittivi. Detto questo si può anche smettere.
Cercherò di spiegare perché non sono né tempestivi né afflittivi. Vi dico subito che sono debitore per l'inizio e per la fine di due citazioni che riprendo dal mio amico Felice Lima che così bene ha fatto, insieme agli altri, la sua relazione e che mi consente, fra l'altro, di fare la mia tenendo conto di tutto ciò che è stato detto. Lima ha detto una cosa molto preoccupante: guardate che in un contesto in cui c'è il male, il male finisce con l'attaccare l'uomo giusto, che poi alla fine fa anche lui cose sbagliate, si fa irretire anche lui da questa filosofia errata ed in qualche modo diventa triste, diventa cupo.
Bene, io sono arrabbiatissimo e quindi sarà il mio dire un po' diverso da quella speranza, da quell’ottimismo del quale parla invece Falco.
Vivere circondato dal male mi ha fatto diventare pessimista. Da tanti anni faccio il Pubblico Ministero specializzato nei processi di natura economica: mi occupo di falsi in bilancio, frodi fiscali, reati finanziari. Tutti questi reati sono caratterizzati da una cosa: i soldi. Il protocollo di indagine di questi reati è quindi abbastanza semplice: stiamo dietro ai soldi. Bisogna vedere chi li ha mandati da qualche parte, chi li ha presi, poi dove sono andati un'altra volta; insomma, seguiamo i quattrini. Naturalmente i quattrini non girano in Italia; non girano in Italia perché in Italia si corrono troppi rischi di essere scoperti subito, girano per il mondo e chi fa il mio mestiere gira per il mondo pure lui, dietro ai soldi.
Girando per il mondo ho conosciuto molti colleghi, perché quando faccio le indagini a Londra, ad esempio, non ho nessun potere di chiedere alle banche londinesi di farmi vedere i documenti o di farmi interrogare quel tale che è amministratore di quell'altra società. Così, devo chiedere al collega londinese di fare, per me, queste cose. In tanti anni, tornando spesso dagli stessi colleghi, si diventa amici e quindi quando si è finito di lavorare si va a cena e, dato che facciamo tutti lo stesso mestiere, si parla del proprio lavoro, del sistema del proprio Paese ed è di questo che vi voglio parlare oggi.
Quasi dappertutto, i sistemi giudiziari sono diversi dal sistema italiano. Noi abbiamo dei giudici che sono pubblici impiegati, abbiamo dei giudici indipendenti, nessuno gli può dire cosa devono fare, nessuno gli può dire assolvi questo, condanna questo altro, fai questo processo, non farlo, nessuno li può trasferire, nessuno li può minacciare. I giudici sono inamovibili, solo il Consiglio Superiore della Magistratura, per ragioni specifiche, nella maggior parte delle volte su loro domanda, può trasferirli. Solo il Consiglio Superiore della Magistratura può fargli fare carriera. Nel nostro sistema, insomma, il giudice è uno che vive - si dice così con una frase sintetica - senza timori né speranze: non deve sperare nulla da nessuno perché nessuno può dargli nulla e non deve temere nulla da nessuno perché nessuno può fargli del male. Sistema che è una pacchia, una pacchia per i giudici e una garanzia per i cittadini, perché un giudice così non subirà mai pressioni: se qualcuno litiga con il potente di turno per la recinzione di casa, non sarà il potente che dirà al giudice “Dai ragione a me e non a quel pezzente del mio vicino”, perché sa che al giudice non importa nulla né del povero cittadino qualsiasi né del potente, e farà il suo mestiere.
Quando racconto queste cose, i colleghi stranieri sgranano tanto di occhi perché da loro, invece, non funziona così. Senza andare lontano, se andate in Svizzera i giudici sono nominati dal Parlamento e, attenzione, per quote: il partito tale ne nomina tre, il partito tal altro ne nomina due, quell'altro ne nomina quattro e stanno in carica per quattro anni. Tutto varia leggermente in funzione dei 26 Cantoni, ognuno con la sua legislazione specifica, però più o meno funziona così; i P.M. vengono addirittura nominati dal Governo, cioè dall'Esecutivo, e anche loro durano in carica quattro anni. Ve lo immaginate uno che ha famiglia, bambini piccini e sa che fra quattro anni può essere confermato oppure no? Uno a cui possono dire “Grazie è stato un piacere, ora nominiamo un altro”?
In Francia il P.M. dipende dal Ministro della Giustizia, il quale, in un contesto dove l'azione penale non è obbligatoria, può anche decidere che certi reati non si perseguono per cui il P.M. può sentirsi dire dal Ministro “Questo lo fai, questo altro no”. Nel Regno Unito o negli Stai Uniti, come tutti sappiamo dai telefilm, i giudici sono eletti dal popolo, periodicamente, quindi, sotto certi profili, sono ancora meno garantiti, perché non devono piacere solo al politico di turno ma a questa entità complessa, astratta, difficile da interpretare che è il popolo.
Qual è il problema che mi dicono tutti questi colleghi? “Se io, P.M. nominato dal Governo, ho un processo per riciclaggio contro il presidente di una banca, il quale presidente è stato messo lì dal partito che mi ha nominato, qualche problema ce l'ho, qualche telefonata mi arriva. Se questo imputato è difeso dall'avvocato che è il segretario di quel partito, quando mi presentano una istanza non la posso trattare con la stessa tranquillità con cui tratto una qualsiasi altra istanza”.
Il P.M. americano non può andare con tanta leggerezza in udienza e dire: “Un momento, è arrivato Perry Mason, mi ha fatto vedere le prove che dimostrano l’innocenza di questo tizio che ho incarcerato, chiedo l'assoluzione", perché i contribuenti non sono affatto contenti che lui abbia speso un sacco di soldi per fare un processo a carico di un innocente, i contribuenti vogliono che i processi servano per condannare, mica per provare l'innocenza!
Questo ci porta al discorso sulla separazione delle carriere, che con tanta sicurezza il professor Ferrarotti ha liquidato dicendo “Ci vuole la separazione delle carriere”.
Non ci vuole per niente, il P.M. dev’essere un giudice, dev’essere uno con l'onestà intellettuale di dire: "Mi sono sbagliato"; deve essere uno che non ha interesse a fare assolvere o condannare; deve essere uno, in buona sostanza, diverso dai giudici di questi sistemi che vi ho accennato.
Allora, prima conclusione assolutamente drammatica: la classe dirigente di ogni Paese ha un tasso di illegalità ineliminabile, tanto è vero che anche in questi Paesi largamente civilizzati, come quelli di cui vi ho parlato, arriva sempre il problema: "Guarda, questo presidente di banca lo lasci stare. Guarda, questa concussione, questa corruzione, questo peculato è meglio che restino nel cassetto".
Vedete come il male vi fa diventare cattivi, come si perde la speranza? Ma se davvero dappertutto c'è il male, cosa possiamo fare? Un tipo di speranza è: limitiamo i danni. All'estero, i danni li limitano e me lo fanno notare in quelle cene dopo il lavoro. Mi dicono “Sì, è vero, noi siamo costretti a fare così, però per tutto il resto siamo bravissimi, il nostro sistema giudiziario è efficiente, è razionale. Nel 99% dei casi va tutto benissimo, paghiamo questa efficienza con questa accondiscendenza nei confronti della classe dirigente che, certe volte ci dice: ‘Questo processo non si fa!’ Che sia la Legge a prevedere che si possa dire così, oppure, che mi facciano capire che se vado avanti poi non mi confermano, io la pianto, però per il resto tutto funziona”.
Noi, qui in Italia, abbiamo come ho detto il sistema migliore del mondo, dovremmo essere felici. Allora, perché siamo molto, ma molto più disgraziati degli abitanti dei Paesi di cui finora abbiamo parlato?
Perché considerato il tasso di illegalità della classe dirigente italiana - e non ho motivo di pensare che sia diverso da quello della classe dirigente tedesca, o svizzera o inglese - e considerata l'impossibilità di agire come si agisce in Svizzera o in Inghilterra, visto che da noi nessuno può andare da un giudice o da un P.M. e dirgli “Guarda, questo processo non si fa”, essendo il nostro sistema è diverso, questi signori si sono inventati degli altri sistemi.
Se ne sono inventati tre, uno peggiore dell'altro. Incominciamo dal primo in ordine di tempo, che data dal tempo di Mani Pulite. Mani Pulite, come voi sapete, mette sotto processo la stragrande maggioranza della classe dirigente italiana. I reati contestati erano due: corruzione ed interesse privato in atti di ufficio. Spesso la corruzione non si prova, perché se mancano i soldi, se non riesci a trovare la prova che tizio ha pagato quel segretario, quell'assessore, quel parlamentare, non puoi provarla. Rimaneva la scappatoia dell'interesse privato in atti di ufficio, un reato che consiste nel dire “Senti, io non posso provare che tu hai preso dei soldi ma guarda che hai fatto una cosa che proprio non sta in piedi, priva di ogni razionalità, illecita e quindi di condanno per questo”.
Non hanno fatto una piega. Hanno cambiato l'interesse privato in atto di ufficio in “abuso in atti d'ufficio”, difficilissimamente provabile - non entro in merito del perché, non stiamo parlando ad un convegno giuridico - e da allora quasi nessuno viene più condannato per abuso in atti d'ufficio.
Poi c'è stato il periodo dei processi a Berlusconi, falso in bilancio. I suoi avvocati proponevano al giudice delle tesi difensive che il Tribunale respingeva. Non hanno fatto una piega. Quelle tesi difensive sono diventate leggi della Repubblica italiana, e quindi Berlusconi è stato assolto perché si è costruito una legge che diceva che quel falso in bilancio che lui aveva fatto non era più reato. Cioè, il primo sistema trovato dalla classe dirigente italiana per sottrarsi al controllo di illegalità è stato quello di creare delle leggi che facessero venire a meno il carattere di illegalità ai loro comportamenti. Ora paragonando i due sistemi, quello estero, al quale ho accennato prima, e questo, vedete che le conseguenze del sistema adottato da noi sono veramente drammatiche perché, perlomeno, lì il potente evita di essere processato ma poi il sistema nei confronti di tutti gli altri cittadini funziona. Qui, invece, col sistema di introdurre leggi fatte appositamente per risolvere quel particolare problema di quel particolare potente, poi non è che queste leggi sono sparite dal panorama giudiziario italiano, sono rimaste sempre là. Infatti io dal 2000 non ho più fatto un solo processo per falso in bilancio. Quello scopo che ha voluto conseguire Berlusconi è andato a vantaggio poi di tutti gli altri falsificatori di bilanci. In buona sostanza, questo primo sistema è servito per abbassare il tasso di controllo di illegalità. Ci sono delle situazioni che una volta costituivano reato e che oggi non lo sono più di fatto, di diritto e guarda caso sono quelle situazioni proprie della classe dirigente.
Poi, non è bastato solo questo, ci sono state altre situazioni in cui questa strada era impercorribile… E qui arriviamo al secondo sistema.
Noi non sappiamo se ciò che ha fatto l’onorevole Mastella era giuridicamente illecito oppure no, ma una cosa è certa: quando lui e i suoi familiari sono stati accusati di comportamenti illeciti, il Nostro l'ha buttata in politica. E’ andato in Parlamento a dire: "Io sono innocente, quello lì ce l'ha con me, la giustizia è l'arma utilizzata dall'opposizione, è una congiura" ed ha incassato la solidarietà di tutto il Parlamento, che gli ha battuto le mani.
Questa è una cosa ancora più grave del fatto di costruirsi una legge apposita. Qui devo fare un passo indietro. Vedete, oggi tutti noi diciamo che Enzo Tortora era innocente. Vi ricordate di Tortora, il presentatore televisivo che era accusato di spacciare cocaina? Facciamo bene a dirlo perché una sentenza definitiva della Cassazione ha detto che Tortora era innocente. Ma in realtà noi non sappiamo se Tortora spacciava o no cocaina, per la verità undici persone in primo grado avevano detto che spacciava cocaina ed in primo grado Tortora era stato condannato. Forse lui la cocaina la spacciava davvero, ma qual è il punto? Che una sentenza della Repubblica italiana adottata nel rispetto delle regole ha deciso che invece era innocente e questo a noi deve bastare.
Noi non sappiamo se Adriano Sofri, per parlare di un altro caso celebre, è colpevole o innocente. Ha subito 17 processi; quale di questi diciassette processi si sia avvicinato di più alla verità reale, noi non lo sappiamo ma l'ultima sentenza ha detto che era colpevole e quindi Sofri è colpevole.
Perché dico tutto questo? Perché questo modo di accettare l'atto giudiziario, la sentenza, è l'unico modo, per dirla con Olindo Canali, per stare insieme: adottare il valore convenzionale della sentenza, cioè dire “Quella sentenza non la discuto, è stata adottata nel rispetto delle regole in base ad una convinzione che tutti noi abbiamo accettato, è il fondamento del vivere civile”.
Cosa ha fatto Mastella e cosa hanno fatto moltissimi politici insieme a lui? Hanno sottratto alla sentenza, all'atto giudiziario in genere, il suo valore convenzionale, l'hanno messo a pari grado con la loro autocertificazione di innocenza. Mastella autocertifica di se stesso che lui è innocente e questa sua autocertificazione vale quanto il provvedimento del giudice e può essere applaudita da gran parte della classe dirigente italiana che, ed è questa la conclusione terribile di questa analisi della situazione, in questo modo sottrae a tutta la cittadinanza il concetto di legalità. Cioè, nessuno più rispetta il concetto di legalità perché tutti sono in grado di dire “Si è sbagliato, non è vero, io sono innocente”.
In sala c’è mia moglie, che fa il giudice civile, si occupa di famiglia, di separazioni e divorzi, e dice: “I figli devono andare con questa mamma” oppure “La casa coniugale deve restare al marito”.
Togliere il valore convenzionale alle decisioni di mia moglie, significa che dopo che i figli sono stati assegnati alla mamma, il papà insieme al fratello va a casa della mamma, le dà due sberle e se li porta via; allora la mamma andrà da suo padre, si porteranno tre amici andranno a casa del papà, se li riprenderanno e tutto finirà a coltellate, perché nel momento nel quale non si riconosce il valore convenzionale dell'atto di giustizia si apre la strada all'arbitrio. Addirittura - ed è questo il terzo sistema - non si è solo delegittimato il giudice ma si è sottratto il valore convenzionale all'atto del giudice, si è delegittimata la legge nel suo complesso. Vi ricordate quando Berlusconi ha spiegato in televisione “Ma si capisce che avevo sessantacinque società off shore, mica potevo pagare le imposte".
Cosa si può dire di una persona è il Presidente del Consiglio, e spiega ai cittadini che la legge tributaria è una cosa talmente minima, talmente da non tenere in alcun conto che è ovvio che lui per primo si è costruito sessantacinque società che gli servivano per non pagare le imposte? Non è la conclusione del giudice di parte, l'ha detto lui, insieme a tante altre cose di questo tipo.
Il sistema trovato dalla classe dirigente italiana per sottrarsi al controllo di legalità, è stato quello di barattare la propria impunità con l'inefficienza totale del sistema.
Ecco perché nel libro (Bruno Tinti, “Toghe rotte”, Minimum fax, Roma 2007, ndr) scriviamo: "Il sistema italiano non funziona perché è costruito per non funzionare”. E’ costruito davvero per non funzionare perché non si può fare un processo che rischi di attrarre nella sua sfera anche i componenti della classe dirigente.
Falco è ottimista e l'ha detto nel suo intervento: “Bisogna dare spazio alla speranza". Allora chiudo con una citazione di Escrivà de Balaguer, il fondatore dell'Opus Dei, che ha affermato che sono i guerrieri stanchi che vincono le guerre. Io sono vincitore di sicuro perché più stanco di me non c'è nessuno.

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